Orme dell'uomo nel Parco delle Serre
Questo calendario esclusivo raccoglie le più belle tra le immagini partecipanti al contest fotografico “Orme dell’uomo”, promosso nel 2025 da Mangiatorella e dal Parco delle Serre e che racconta il meraviglioso territorio del parco privilegiando il rapporto profondo tra l’uomo e la natura. Di mese in mese, infatti, scoprirete vestigia archeologiche, tracce di insediamenti, architetture rurali e scene di vita legate alla montagna, all’acqua e al bosco e altro ancora.
Mangiatorella e il Parco delle Serre sono accomunati da una missione, che sta nella valorizzazione e nella tutela di un grande patrimonio non solo naturalistico. Una missione che Mangiatorella ossequia con massimo impegno, in quanto è nei boschi di Stilo, nel cuore del parco, che sgorga in tutta purezza la sua acqua.


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Veronica Servedio
“Gli uomini di fuoco” – Serra San Bruno (VV)
Nel cuore dei boschi di Serra San Bruno, per secoli, il mestiere del carbonaio ha rappresentato una delle arti più antiche e rispettate della montagna. Erano uomini che conoscevano intimamente il bosco, i suoi respiri, la sua umidità, la direzione dei venti. La loro era una sapienza che non si imparava sui libri, ma nello sguardo e nelle mani: saper scegliere l’albero giusto, tagliarlo al momento giusto, costruire la carbonaia con gesti lenti e precisi, controllare il fuoco perché non divampasse, ma ardesse nel tempo, in modo costante e misurato.
La carbonaia, o furnace, era una montagna di legna ricoperta di terra e foglie, che ardeva per giorni, senza fiamma viva, trasformando il legno in carbone attraverso una combustione lenta e controllata. I carbonai vegliavano giorno e notte, in silenzio, nella luce fioca del braciere. Il fuoco non era un pericolo, ma un compagno da rispettare: una forza viva con cui dialogare.
Questa immagine racconta una delle arti più antiche delle Serre: il lavoro dei carbonai, custodi del bosco e conoscitori del fuoco. Per secoli, nelle montagne di Serra San Bruno, la produzione del carbone è stata una pratica fondamentale per la vita delle comunità locali e per lo sviluppo delle fonderie borboniche di Mongiana. Non era un mestiere semplice, ma un sapere raffinato: scegliere il legno, costruire la carbonaia, governare il fuoco senza lasciarlo esplodere. Un’arte tramandata con lentezza, con silenzio, con rispetto della montagna. I carbonai non erano disboscatori: erano guardiani del ritmo della natura. Sapevano che il bosco dà, ma chiede misura. Riconoscevano che il tempo della foresta non coincide con quello dell’uomo. La loro presenza è stata, per secoli, una forma di convivenza equilibrata tra lavoro e ambiente.
Motivazione della giuria
La fotografia è stata scelta come vincitrice del contest perché riesce a sintetizzare in un solo sguardo il cuore del tema Orme dell’uomo in natura: mostra il rapporto tra l’uomo e gli elementi, mette in evidenza il valore della manualità antica e celebra una tradizione che ha modellato l’identità culturale delle Serre. La luce del fuoco sul volto dei carbonai diventa segno umano, memoria viva e responsabilità verso il paesaggio.Questa immagine non si limita a documentare un mestiere: lo restituisce nella sua dignità e nel suo legame profondo con la terra.


Alfonso Nicola Coroniti
“Le curve della signora Natura” – Serra San Bruno (VV)
Serra San Bruno nasce attorno alla Certosa fondata da san Bruno alla fine dell’XI secolo. Il paese si è sviluppato lentamente, in dialogo costante con la foresta che lo circonda. I boschi sono stati fonte di legna, silenzio, lavoro e preghiera.
La strada che attraversa la montagna innevata non impone una direzione: segue le pieghe della terra, interpretandole. Qui la natura è guida e maestra.
L’uomo procede con passo rispettoso, consapevole che la montagna non va conquistata ma riconosciuta. L’inverno, con il suo silenzio, ricorda la sobrietà monastica: ciò che vale è ciò che resta.
Motivazione della giuria
La fotografia mostra il passaggio umano nella montagna senza alterarla. La strada segue le curve
naturali del paesaggio innevato, testimoniando un rapporto di rispetto e misura tra uomo e ambiente.
Simone Mazzà
“Farsi largo tra la neve” – Nardodipace (VV)
Nardodipace è uno dei centri più alti delle Serre e conserva tradizioni pastorali e rapporti antichi con le comunità arbëreshë e grecaniche dell’area jonica. Le sue origini sono legate ai pascoli, alle transumanze, ai cammini di montagna.
Quando la neve ricopre tutto, ogni passo diventa lento e necessario. La montagna non offre scorciatoie: invita alla misura.
Chi avanza nella neve rinnova la tradizione di chi, per secoli, ha camminato tra queste cime per portare sale, lana, legna, storie. La natura qui non isola. Purifica.
Motivazione della giuria
L’immagine restituisce la fatica e la dignità del camminare nella neve, richiamando le antiche vie di transumanza: l’uomo attraversa la natura senza dominarla, riconoscendone la forza e il ritmo.


Elisa Bruno
“Sentinella del tempo” – Torre della Certosa, Serra San Bruno (VV)
La Certosa di Serra San Bruno è uno dei rari monasteri certosini ancora attivi in Europa. Fu fondata nel XI secolo e divenne centro di spiritualità silenziosa, lavoro attento, custodia della foresta.
La torre, oggi isolata, è ciò che resta di un complesso articolato, con orti, laboratori, luoghi di preghiera. È memoria in pietra della scelta certosina: cercare Dio nel silenzio e nella natura.
La torre non domina il bosco. Ci convive.
È l’orma dell’uomo quando la sua presenza non ferisce, ma testimonia.
Motivazione della giuria
La torre della Certosa emerge come memoria viva dell’incontro tra spiritualità e foresta. La foto valorizza l’orma dell’uomo che non ferisce la natura, ma la ascolta e la custodisce.
Mario Luciano Vilardo
“Ignis erat (il fuoco che fu)” – Santa Caterina dello Ionio (CZ)
Questo ambiente apparteneva al piano terra di un antico palazzo del borgo, un tempo adibito a bottega artigiana. Il tornio, le lime, le assi e gli attrezzi raccontano la storia di chi lavorava il legno e il metallo per riparare e costruire ciò che serviva alla comunità rurale: porte, infissi, ruote, utensili agricoli.
Qui il fuoco non era distruzione, ma energia per trasformare la materia. La bottega era il luogo dove il bosco diventava forma, dove la terra trovava utilizzo quotidiano, dove l’ingegno alleviava la fatica.
L’immagine restituisce la dignità del lavoro lento e preciso, in cui l’uomo si misurava con la natura senza spreco e senza pretesa.
Motivazione della giuria
La fotografia interpreta il tema Orme dell’uomo in natura mostrando la bottega come luogo in cui la materia del bosco e il lavoro umano si incontrano. È testimonianza di un sapere antico che non sfrutta la natura, ma la accompagna, trasformandola con rispetto e misura.


Pierluigi Rottura
“Riflessioni ai Bagni di Guida” – Bivongi (RC)
Bivongi custodisce una delle presenze monastiche più antiche del Sud: San Giovanni Theristis, monastero legato alla tradizione bizantina. Qui la spiritualità non giunge dall’alto come prescrizione, ma dal basso, come esercizio del vivere.
I Bagni di Guida sono noti per le loro acque terapeutiche, considerate da sempre capaci di alleviare e pacificare.
L’acqua, specchiando il volto, invita alla verità.
La natura guarisce quando l’uomo entra in relazione con essa senza pretese.
Motivazione della giuria
Lo specchio d’acqua dei Bagni di Guida racconta una relazione armonica tra natura e cura. L’immagine sottolinea la capacità del paesaggio di restituire equilibrio a chi lo rispetta.
Stefania Platì
“Custode del tempo e della fatica” – Sorianello (VV)
Sorianello ha radici agricole profonde. I suoi pendii sono stati addomesticati con muretti a secco, fatti senza cemento, solo con pietre scelte, posate, ascoltate.Questa tecnica, oggi riconosciuta patrimonio immateriale, racconta un modo di vivere la terra: non estrarla, ma accompagnarla.
Qui l’uomo non ha voluto cambiare la montagna: ha imparato a starle accanto.
La fatica diventa cultura. La terra ricambia.
Motivazione della giuria
Il muro in pietra a secco rappresenta l’intervento umano che non impone, ma accompagna la montagna. L’opera manuale diventa testimonianza di una convivenza antica e sostenibile.


Maria Rattà
“Rivoluzione industriale” – Mongiana (VV)
Mongiana fu capitale siderurgica del Regno borbonico. Qui nacquero officine, fonderie, cantieri forestali, scuole di arti meccaniche.
La rivoluzione industriale, in questo luogo, non cancellò la foresta: la regolò, la studiò, la rispettò. Il bosco non era risorsa da consumare, ma patrimonio da curare.
Oggi la natura ha ripreso ciò che l’uomo aveva costruito.
Non come rivalsa, ma come abbraccio.
È possibile ricordare senza ricadere.
Motivazione della giuria
Le architetture industriali immerse nel bosco mostrano come storia e natura possano coesistere. La foto interpreta il passato come patrimonio condiviso, non come ferita del paesaggio.
Guido Calogero
“A ’rrota comu na vota” – Serra San Bruno (VV)
Serra San Bruno è anche terra di artigiani del legno. Per secoli, il bosco ha offerto essenze pregiate: abete, castagno, leccio.
La ruota non è oggetto. È sapere: scelta dell’albero, stagionatura, colpo giusto della mano, tempo d’attesa.
Qui la tradizione non è folklore, ma trasmissione silenziosa, famigliare.
Ciò che nasce dal bosco vi ritorna, senza spreco e senza ferita.
Motivazione della giuria
La ruota di legno è simbolo di un sapere artigianale radicato nel territorio. L’immagine celebra la trasmissione silenziosa delle competenze che nascono dalla natura e tornano a lei.


Eustacchio Montemurno
“‘i jànchi e ‘i russi - tracce di terra” – Gerocarne (VV)
Gerocarne è storicamente centro della ceramica domestica calabrese. L’argilla bianca e rossa veniva modellata in utensili quotidiani: brocche, orci, scodelle.
Non oggetti d’ornamento, ma compagni di vita.
Il vasaio ascolta la terra prima ancora di toccarla.
La natura diventa forma perché l’uomo accetta di non imporsi, ma di dialogare.
La bellezza nasce dalla necessità.
Motivazione della giuria
L’argilla modellata diventa segno concreto dell’unione tra terra e mano umana. La foto racconta una tradizione che non sfrutta la natura, ma la interpreta con rispetto e sensibilità.
Francesco Sgura
“Serra nel bosco” – Serra San Bruno (VV)
In nessun altro luogo la relazione uomo-natura è così evidente. Qui il bosco non è periferia. È centro.
Le case sono costruite rispettando pendenze e luminosità. Le strade seguono l’acqua.
La spiritualità certosina ha insegnato che il silenzio non è vuoto: è presenza.
Vivere a Serra significa apprendere, ogni giorno, la grammatica dell’essenziale.
Motivazione della giuria
Il paese immerso nel bosco mostra un equilibrio possibile tra insediamento umano e paesaggio. La fotografia rende visibile una convivenza secolare fondata sulla misura.


Marika Romeo
“Casetta nel bosco” – Mongiana (VV)
Nei boschi di Mongiana, le piccole case servivano ai boscaioli come riparo temporaneo. Erano luoghi di fuoco, riposo e pensiero.
Oggi appaiono come richiami alla semplicità: ciò che serve è poco, e ciò che è poco è spesso vero.
La natura non isola. Riunisce.
Chi vi entra, ritrova se stesso.
Motivazione della giuria
La piccola casa nel bosco richiama la semplicità dei rifugi dei boscaioli. L’immagine invita a riconoscere il valore della natura come spazio di riparo, ascolto e ritorno all’essenziale.
Mattia Tassone
“Li tri allampati” – Serra San Bruno (VV)
Gli alberi sottili che si slanciano verso il cielo raccontano più di un semplice paesaggio: sono testimoni del tempo, delle radici e delle ascese. Le loro forme ricordano il luogo noto come “Li tri allampati”, memoria di un episodio avvenuto nel 1916, quando tre boscaioli furono colpiti da un fulmine mentre cercavano riparo sotto un grande albero. L’accadimento è rimasto vivo nella tradizione orale e nelle croci deposte sul tronco: un segno umile e profondo del legame tra la comunità e il bosco.Questa immagine non parla solo di natura, ma di memoria: radici che trattengono, slanci che aprono, vite custodite dalla foresta.
Motivazione della giuria
La fotografia interpreta il tema Orme dell’uomo in natura mettendo in relazione l’ambiente naturale e la memoria comunitaria. Le sagome degli alberi evocano una storia vera del territorio e mostrano come il paesaggio possa conservare e tramandare il ricordo delle vite che lo hanno attraversato.
