Comune di Gerocarne

Anticamente territorio della contea di Arena, Gerocarne viene menzionata nei documenti ufficiali sin dalla metà del XIII secolo. Il borgo è noto in tutta la regione per la ricca produzione di manufatti in terracotta tanto che, a lungo, Gerocarne fu in diretta competizione con la più nota Seminara.
L’attività dei figulai di Gerocarne è menzionata anche nel celebre diario di viaggio in Calabria di François Lenormant, La Magna Grecia, recentemente ripubblicato da Rubbettino, nel quale l’archeologo francese, a proposito della cittadina delle Serre, annota: «si fabbricano dei vasi usuali in maiolica, rivestiti di una patina stagnifera bianca, sulla quale si disegnano degli ornamenti a fuoco di diversi colori, rosso, turchino, verde, giallo».
I magnifici vasi di creta bianca di Gerocarne non vengono ahimè più prodotti, tuttavia esistono ancora diverse botteghe artigiane che producono i vasi in argilla rossa.
La cittadina venne pesantemente colpita dal terremoto del 1783 che in questo luogo ebbe pesanti conseguenze tanto da obliterarne completamente intere parti (si pensi per esempio al casale di Miglianò, oggi totalmente scomparso) e modificarne persino la morfologia del suolo. La devastazione fu tale che la raffigurazione delle fenditure del terreno e dei crateri aperti dal terremoto venne inclusa nell’atlante allegato alla Istoria de’ fenomeni del tremoto avvenuto nelle Calabrie nell’anno 1783 di Michele Sarconi.
Per questo motivo poco rimane dell’antico patrimonio artistico e architettonico della cittadina.
Dopo la visita di rito alle botteghe dei ceramisti, è d’obbligo la sosta presso la Chiesa di Santa Maria de’ Latinis e San Sebastiano.
L’edificio venne ricavato, dopo il grande terremoto settecentesco, dalla riedificazione e ampliamento dell’antica chiesa di San Sebastiano, di probabile origine medievale, e completato nel 1815.
L’impianto si deve al celebre architetto serrese Biagio Scaramuzzino. L’interno riccamente stuccato da maestranze serresi replica l’elegante grazia rocaille dei motivi decorativi in uso nella città della Certosa.

La decorazione pittorica della chiesa è opera dell’artista siciliano Cosimo Sampietro (1856-1949). Eterei e raffinati, dai toni che richiamano la pittura preraffaellita, i tre affreschi che decorano il soffitto, raffiguranti l’assunzione di Maria. Allo stesso pittore si devono gli altri dipinti, San Rocco, San Sebastiano, Mosè nel deserto e l’Ultima Cena.
Il dipinto di maggior pregio è però conservato nella Cappella delle Anime del Purgatorio. Si tratta di una preziosa tela del 1801, raffigurante la Madonna del Rosario con anime purganti del pittore monteleonese Emanuele Paparo, tra i più noti e talentuosi pittori dell’Ottocento calabrese.
Prima di lasciare l’edificio non si trascuri di ammirare le sculture lignee tra le quali segnaliamo il sant’Emiliano, proveniente dal diruto casale di Miglianò, dello scultore serrese Vincenzo Scrivo, e altre due statue di bottega serrese: il San Rocco, realizzato da Vincenzo Zaffino nel 1847, e San Sebastiano (Michele Amato?).
Prima di lasciare Gerocarne, consigliamo di visitare i ruderi del diruto monastero basiliano di San Pietro Spina della frazione Ciano. Il complesso, edificato nell’XI secolo, fu intimamente legato alla famiglia Concublet di Arena, in quanto, secondo la tradizione, fu proprio la preghiera di intercessione di San Pietro Spina, igumeno del monastero, a ottenere a guarigione di Giovanni il lebbroso, miracolo che la nobile famiglia seppe ripagare nei decenni a venire con continue donazioni ed elargizioni.
Se stanchi dal camminare e gironzolare per chiese e conventi si cerca un luogo dove riposare, suggeriamo l’area verde di Ariola, dove è stato ricavato un ricco e lussureggiante vivaio, un luogo davvero ideale per una rilassante déjeuner sur l’herbe.

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“Borghi delle Serre”, in collaborazione con Mangiatorella

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Stiamo tracciano un nuovo sentiero che sbalordirà i visitatori per la bellezza della natura circostante e le scoperte storiche testimoni della presenza umana di un tempo che fu.

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In cima, a 1400 metri di altezza, maestosa la vedetta Borbonica, straordinariamente conservata, resiste al tempo e raccoglie in unico sguardo mar Ionio e Tirreno.

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