Tradizioni locali
Conoscere una comunità, comprendendone i valori di riferimento, significa approfondirne le radici partendo dalla scoperta del loro più naturale modo di esplicarsi ovvero assaporandone le tradizioni nelle loro diverse sfaccettature.
Questi elementi essenziali del vero vivere sociale si traducono in credenze, ricorrenze, a volte rituali che si concentrano nella stagione estiva consumandosi sotto le sembianze di processioni, feste patronali, rappresentazioni sacre, mercati rionali, fiere e sagre.
Colori, sapori, suoni, devozione e racconti di eventi forse leggendari si mischiano in un contesto in cui i limiti fra sacro e profano non sono sempre esattamente definiti.
Le sagre (della trippa a Gerocarne, dei “fileja” e della salsiccia e degli antichi sapori a Maierato, delle zeppole e delle fragole a Pizzo, dei “filatiedi” e delle patate a Polia, del “vijuazzu” ad Acquaro, del cinghiale a Nardodipace, della pasta e suriaca a Fabrizia, delle castagne a Pizzoni e Davoli, dei ceci e dei funghi a Serra San Bruno) e le manifestazioni folkloristiche (Palio di Ribusa a Stilo e Ballo del ciuccio durante la festa di San Rocco a Serra San Bruno) costituiscono momenti salienti in cui la collettività, rigettando l’avanzante secolarizzazione, ritrova il senso dello stare insieme e lo condivide calorosamente con gli emigrati tornati nella terra d’origine e con i turisti pronti ad alimentare lo spirito di concordia tipico delle generazioni precedenti.
La produzione di carbone nelle Serre ha origini molto antiche, riconducibili a più di mille anni fa, quando il carbone era indispensabile e veniva usato insie- me ai minerali nelle fusioni per produrre il ferro. Camminando per le montagne si possono notare qua e là centinaia di “chiazze”, molte di queste risalenti a diversi secoli fa, piazzole di circa 7 metri di diametro create per la costruzione degli “scarazzi”, cupole formate da spezzoni di legna accatastati e ricoperti da zolle di terra. Queste cupole, accese dall’interno, venivano fatte cuocere per circa 20 giorni e, “curate” notte e giorno con maestria, portavano alla produzione finale del carbone. I carbonai si trasferivano nei boschi con le proprie famiglie, vivendo per mesi, da maggio fino ad ottobre, in baracche di legno.
Le Serre si possono considerare la località più importante in Italia per la produzione di carbone, soprattutto per la qualità, in quanto viene prodotto esclusivamente con legno di faggio e di leccio. Ad oggi questo antichissi- mo mestiere viene ancora largamente praticato dalle stesse famiglie che si tramandano questa arte di generazione in generazione, non più nei boschi lontano dai centri abitati ma in zone nei dintorni di Serra. Il carbone serrese, fino agli anni ’60, veniva commercializzato in tutta Italia, per il riscaldamen- to, per i bracieri o per i ferri da stiro. Oggi viene utilizzato esclusivamente per i barbecue.
Un’altra pratica in passato molto attiva all’interno del territorio del Parco è quella relativa alle niviere. Le niviere sono delle grandi buche scavate a mano, di forma rotonda di diametro compreso tra cinque e nove metri e con una profondità di circa due metri e mezzo. Erano per lo più costruite nella parte più alta della montagna esposta a nord, dove la neve si manteneva anche fino alla fine di agosto; alcune erano costruite più in basso vicino al paese ed erano utilizzate nei primi mesi dell’estate. Durante l’inverno, quando nevicava gli uomini raccoglievano la neve nella buca e dopo aver raggiunto un certo livello la calpestavano fino a farla diventare ghiaccio, a volte ballando accompagnati da qualche zampognaro; una volta riempita, la buca veniva coperta da rami e foglie di faggio e si conservava fino all’estate quando poi veniva tagliata dal “mastru della niviera” a blocchi di circa 50 chili, messa in un sacco insieme a foglie di faggio e trasportata in testa dalle donne fino al paese. La neve veniva usata come refrigerante per produrre i gelati, per lo più durante le feste. I gestori delle niviere erano di solito i proprietari dei bar, ma c’erano anche altri privati che praticavano questa attività. Nei paesi di marina come Tropea, Mileto, Vibo Marina e Nicotera, la neve arrivava a dorso di mulo. C’erano molte niviere sparse tra le montagne, le più importanti e utilizzate fino a tempi relativamente recenti si trovano sulla dorsale del monte Pecoraro. Questa attività è stata praticata fino ai primi anni ’50 del secolo scorso quando venne soppiantata dall’avvento dei frigoriferi.