Comune di Badolato

Badolato ha avuto nel corso del Novecento una vita piuttosto provata, segnata da dolorosi moti migratori e da timidi segni di ritorno nel suo bellissimo centro storico. Già segnata dagli esiti della Seconda guerra mondiale e dal sisma che nel 1947 aveva semidistrutto Isca sullo Ionio e arrecato molti danni anche al centro storico, Badolato subì la drammatica alluvione del 1951 che costrinse gran parte della popolazione a trasferirsi alla Marina o nei paesi vicini nelle nuove case messe a disposizione dal Governo. Lo strappo fu, anche in questo caso, doloroso e irrimediabile. L’abbandono raggiunse vertici così aberranti da sollevare provocatoriamente, negli anni Ottanta del Novecento, la proposta di mettere tutto il paese in vendita. La causa, sposata dal giornalismo locale, raggiunse ben presto gli onori delle cronache richiamando, così, nel piccolo centro ionico numerosi cultori disposti ad acquistare per pochi soldi case condannate alla distruzione. Nel 1997, ottocento curdi sbarcarono al largo di Badolato e furono ospitati dai badolatesi che consegnarono loro le chiavi delle case abbandonate. Un esperimento di convivenza ben riuscito che ha consentito di scrivere una bella pagina di storia della nostra regione. Così è in qualche modo “ripartita” la vita a Badolato, sebbene oggi molti nuovi concittadini vi risiedano per lo più in estate. Il borgo è veramente delizioso oltre che dotato di una vista spettacolare: ciò era ben chiaro fin dalle sue origini nel XIII secolo allorquando fu dotato dal feudatario, Ruggero di Lauria, di un imponente sistema difensivo e di un castello, oggi purtroppo distrutto. La sua struttura orografica, simile ad una carena di barca capovolta, le ha permesso di usufruire del controllo del territorio e, perciò, di essere ambita da molti feudatari. Pur avendo perduto il centro nevralgico del potere militare, che sorgeva sulla parte alta del paese, Badolato conserva ancora l’impianto medievale originario, strutturato su un unico decumano che corre lungo la direttrice est-ovest, intersecato da un dedalo di vicoli che amplificano gli anelli concentrici che ancora oggi lo compongono. Numerose le chiese e i palazzi appartenuti alle famiglie nobili del luogo che ancor oggi si possono apprezzare, sebbene bisognosi di restauri.

La Chiesa Madre, dedicata a Sant’Andrea Avellino, è di fondazione normanna ma ampiamente rifatta nel corso del XVII secolo. Danneggiata dal sisma del 1947, mantiene gran parte della struttura sei-settecentesca a cui appartengono tre altari in marmi policromi, di cui il più prezioso è quello del Santissimo Sacramento, quello dell’Addolorata con la pala pittorica coeva, il busto seicentesco di Sant’Andrea Avellino, patrono di Badolato, coperto da una fine decorazione in estofado de oro. La chiesa di Santa Caterina ha un notevole altare ligneo del Seicento, opera di maestranze di Rogliano, sul quale campeggia una preziosa tavola cinquecentesca di scuola iberica raffigurante lo Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria. Nella tavola figura anche il neo-canonizzato San Francesco di Paola.
La chiesa confraternale dell’Immacolata, posta a est sul lembo estremo del paese, si può raggiungere solo attraverso una ripidissima scala. Di fondazione seicentesca, è stata rifatta nell’Ottocento nelle eleganti forme che oggi ammiriamo: l’impianto a navata unico è completamente coperto da un ricco apparato di stucchi neoclassici di chiara manifattura serrese che ancora mantiene finanche i colori originali. Sull’altare la pala settecentesca della Titolare, che è stata effigiata nella deliziosa statua processionale del Settecento. Al capo opposto del paese la chiesa di San Domenico, la più sontuosa del paese: già appartenuta ai padri Domenicani, fu eretta nel Seicento in forme semplificate ispirate alla Basilica di Soriano. La facciata è opera serrese interamente realizzata in granito; gli interni risplendono degli stucchi eseguiti da Pietro Joele di Fiumefreddo Bruzio, che attese alla decorazione della volta intorno al 1780. I riquadri furono affrescati da Francesco Colelli che dipinse anche la pala dell’altare maggiore raffigurante la Madonna del Soccorso con San Michele Arcangelo.
Appena fuori il paese, sulla collina omonima, sorge il Convento dei padri Riformati dedicato a Santa Maria degli Angeli immerso in una distesa di ulivi. La struttura seicentesca venne più volte rifatta e ampliata mantenendo, però, la povertà del luogo: gli interni barocchi sono impreziositi dalla spettacolare cona dell’altare maggiore, opera lignea del 1710 che accoglie nel suo interno il gruppo scultoreo raffigurante la Madonna degli Angeli con i Santi Francesco e Ludovico di Tolosa, capolavoro di fra Diego Giurato di Careri il quale vi attese intorno al 1640. È sua anche la teoria di angeli musicanti che sostiene il grande tabernacolo e lo struggente Crocifisso, oggi in una cappella del convento. Il prestigioso coro ligneo seicentesco attende da tempo di essere restaurato e rimontato. Sono interessanti anche le tele che fanno parte della decorazione della navata centrale. Oltre alla processione del Patrono Sant’Andrea, di Santa Caterina e dell’Immacolata, a Badolato è particolarmente vissuto il tempo di Pasqua che si conclude con la processione della “Naca” il sabato santo e con la confronta la mattina della Resurrezione. La “naca” in dialetto calabrese è la culla, ossia il cataletto allestito per trasportare in processione il Cristo morto accompagnato dalla statua dell’Addolorata. Durante il corteo si ripete la drammatizzazione delle scene della Passione con figuranti in abito da soldati romani che scortano insieme ad altre figure incappucciate colui che interpreta il Nazareno: si ripetono in queste occasioni gesti fragorosi, urla e canti dialettali che parrebbero richiamare alla memoria i riti e i suoni della Pasqua ebraica. La mattina di Pasqua, invece, l’incontro tra le statue del Cristo e della Madre in gramaglie è preceduto dalla corsa degli stendardi delle congreghe laicali del paese che fungono da annunziatori della Resurrezione. Terminato l’incontro tra le statue, i portatori degli stendardi si cimentano nello spettacolare quanto rischioso rito del ballo degli stendardi, tenuti in piedi solo ed esclusivamente con l’uso della bocca.